In Egitto il numero sessanta è rappresentativo di longevità e non a torto, poiché le imprese epiche non hanno età o scadenza e vanno per giunta ricordate. Oggi ricorrono i sessant’anni dalla performance leggendaria di Charly Gaul sul Monte Bondone (TN), così significativa da essere ripercorsa da oltre dieci anni nell’appuntamento ciclistico de “La Leggendaria Charly Gaul”, il 17 luglio all’undicesima edizione.
8 giugno 1956, il lussemburghese è l’alfiere del team Faema ma a Merano, arrivo di tappa dopo aver affrontato l’impervio Passo dello Stelvio, scivola nei bassifondi della classifica generale portando a diciassette i minuti di ritardo dalla maglia rosa. Learco Guerra, responsabile della squadra, dichiarò a proposito di Gaul: “Una giornata storta può capitare a tutti”, nessuno avrebbe potuto immaginare che quella affermazione sarebbe stata preludio di uno dei momenti più significativi della storia del ciclismo.
È la ventesima tappa del Giro d’Italia, da Merano a Trento. 242 i chilometri in cui districarsi, con quattro salite importanti da affrontare: Passo Costalunga (quota 1753), Passo Rolle (1970 metri), Passo Brocon (1616 metri) ed infine il Bondone (1300 metri). Le previsioni meteo sono tutt’altro che rassicuranti, i meccanici hanno lavorato fino all’ultimo per consegnare le biciclette ai corridori, si teme che il maltempo li costringa ad usare i rapporti corti. Al ritrovo gli sguardi dei corridori sono straniti, il cielo ha delle sfumature sinistre. Ma Charly Gaul pare assaporare qualcosa di magico nell’aria, e dimostra di gradire una giornata di questo tipo, che magari potrebbe permettergli di recuperare lo svantaggio di classifica. Già sul Costalunga il Giro è nella bufera, nel frattempo Gaul va all’attacco ed è primo al traguardo del GPM. La discesa che porta ai piedi del Rolle è di quelle che fanno presagire al peggio, soffia un vento gelido ed iniziano ad intravedersi i primi ritiri, mentre Charly Gaul continua imperterrito la sua marcia ‘indemoniata’. Qualcuno cerca accoglienza nelle baite, la selezione si fa decisiva sul Passo Brocon, provocata dal futuro padrone del Giro. Gli avversari arrancano, la maglia rosa è ora ambita da più pedali, Magni lotta come un leone nonostante abbia una spalla fuori uso. Dopo Passo Gobbera, imboccando la strada che porta a Trento, molti corridori sostano nei bar della zona per sostituire le maglie letteralmente impregnate da uno strato di ghiaccio, versandosi anche del brodo e del tè bollente sulle gambe. Gli atleti sono al limite della sopportazione umana. I ritiri non si contano, Gaul non dà tregua agli avversari ed in testa alla corsa continuano gli avvicendamenti, sulle ultime rampe Charly Gaul completerà quello che un commosso Learco Guerra definirà “Il capolavoro di un autentico fuoriclasse”. Tuttavia, anche il lussemburghese è umano, ed arriva stremato all’arrivo, viene avvolto in alcune coperte di lana e portato di peso in albergo. Qualcuno gli sussurra all’orecchio che il Giro è suo, ma Charly Gaul è troppo stanco per rendersene conto, se ne uscirà solamente con una smorfia in quel momento. Il vero paradiso glielo regalerà il bagno caldo successivo, e le prime sensazioni che inizieranno ad affiorare. Sandrino Fantini arriverà 7’44’’ più tardi, Magni concluderà dopo 12’25’’, mentre quando l’Angelo della Montagna prenderà finalmente coscienza di quanto fatto dirà: “È stato un miracolo”, una dichiarazione che fece eco con quella di Guerra: “Un miracolo che soltanto tu potevi fare”. Due giorni più tardi Charly Gaul entrerà in maglia rosa all’Arena di Milano, accolto come meritano gli eroi.
Una vicenda che può essere comparata alle più grandi della storia dello sport, seppur in circostanze e situazioni differenti, come quella di Tracy McGrady, giocatore di basket NBA, quando il 9 dicembre 2004 riuscì a trascinare gli Houston Rockets alla vittoria contro i San Antonio Spurs, recuperando da solo il netto svantaggio della propria squadra grazie ad una performance “monstre”, con 13 punti realizzati nello spazio di 35 secondi, passando al calcio con l’incredibile e recentissima conquista della Premier League del Leicester da parte dell’allenatore italiano Claudio Ranieri, abile nel vincere il titolo con una squadra “low cost”, o l’altrettanto leggendaria affermazione personale di Muhammad Alì contro Joe “Smokin’” Frazier nel celeberrimo “Thrilla in Manila” del 1° ottobre 1975, con l’estenuante combattimento fra i due campioni avvolti da un’afa soffocante, e la resa di quest’ultimo appena un attimo prima che il “più grande di tutti i tempi” alzasse bandiera bianca.
Narrazioni epiche, che solo i cuori grandi dello sport possono riuscire a compiere.