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L’evoluzione ha donato a noi bipedi un passo particolare alternativo al galoppo: la corsa. Un gesto che non nasce sulle piste d’atletica, ma nel mondo selvaggio, nella vastità di savane e altopiani, nelle tundre e sulle montagne, al fianco di animali al trotto e al galoppo in uno stupefacente intreccio di collaborazione e competizione. Una dimensione in cui lo sforzo fisico è compensato – lo è sempre nelle attività vitali per la sopravvivenza – da una sorta di estasi, fatta di percezione di bellezza e dall’amplificarsi dell’immaginazione, in cui il tempo si dilata e rallenta: come nel sogno, in pochi istanti reali scorrono nella coscienza infinite storie. Un’esperienza liberatrice simile alla musica, in empatia con animali e montagne, che va oltre lo skyrunning e che perde il significato predatorio originale disarmando il corpo in corsa fino ad abolire il computo del tempo.
Franco Michieli classe 1962, geografo, residente nelle Alpi, scrittore e originale esploratore, è esperto nel campo delle lunghe traversate selvagge. Da ragazzo ha praticato l’atletica leggera, recuperata in forma nuova quando, costretto in caserma dal servizio militare, la corsa gli permise di salire e scendere decine di vette della Valle d’Aosta nelle brevi libere uscite serali. Da allora la corsa selvaggia fa parte della sua vita. Fra i suoi libri, La vocazione di perdersi. Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti (Ediciclo 2015) è stato finalista al Premio Alvaro.
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